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martedì 1 novembre 2011

LA DIFFERENZA TRA MATRICIANA E AMATRICIANA....ner dubbio IO ME MAGNO TUTTO!!!!



Perchè Matriciana e non Amatriciana Grandi discussioni sono sorte sul termine "Matriciana".
C'è chi sostiene che la ricetta sia di Amatrice (da cui Amatriciana), e chi, invece, ritiene che si tratti di un piatto romano.


In effetti, se si scava alla radice, si può notare come le differenze tra le due ricette siano notevoli: in bianco e senza cipolla ad Amatrice, con il sugo e la cipolla a Roma.
La ricetta in realtà nasce a Roma, e sono gli abitanti di Amatrice a crearne una "copia" riveduta e corretta.
Dice la tradizione che gli abitanti di Amatrice venivano a "svernare" a Roma, poichè il loro clima era molto rigido d'inverno.
L’invenzione dell'Amatriciana è rivendicata dai romani, cui sarebbe stata soltanto "ispirata" dai pastori amatriciani i quali, durante il periodo estivo, erano soliti spostarsi a Roma per vendere i loro prodotti caseari e le carni ovine e bovine. La "Matriciana" nasce quindi probabilmente a Roma e da Amatrice eredita solo alcuni ingredienti base: infatti i pastori provenienti dai territori confinanti con l’Abruzzo e l'alto Lazio pascolavano le greggi nelle campagne romane, portandosi dietro alimenti facilmente conservabili (pecorino, guanciale). Solo dopo, a Roma l’Amatriciana diventa Matriciana, con la fondamentale differenza del soffritto di cipolle e del pomodoro Casalino.
Non c'erano grandi simpatie tra i Romani e gli Amatriciani, tanto è vero che a Roma girava una battuta, un po' pesante, con la quale si sosteneva che "gli abitanti di amatrice non potevano essere concittadini di Ponzio Pilato, poichè lui si era lavato le mani, mentre loro non si lavavano neanche quelle!".

L'origine del termine Matriciana è stato imputato a differenti motivazioni, che riportiamo di seguito:

I pomodori usati per il sugo venivano conservati fin dai tempi dei Romani in speciali otri, o vasi, che in latino son detti "matara". D'altronde il "matraccio" e' a tutt'oggi un recipiente in vetro dal collo lungo che trova uso in chimica.
L'origine degli spaghetti alla "matriciana" si perde pero' nella notte dei tempi, quando ancora le sorti dell'umanita' erano rette dall' istituto del "matriarcato". Ed erano un piatto usato solo in riti molto particolari ch e si svolgevano durante il solstizio d'inverno tra i monti dell' alto Lazio; da cui i maschi erano non solo esclusi, ma del tutto all'oscuro.
Secondo altre fonti l'Amatriciana ha preso il nome da "matrice", un timbro che si metteva sulla guancia del maiale, ingrediente fondamentale della ricetta.
Nel sugo, infine, aveva grande parte la "matricale", una pianta erbacea aromatica delle composite con infiorescenze a capolino, simili a piccole margherite, raccolte in corimbo. Il suo uso purtroppo e' ormai fuorimoda in questa brutta societa fastfood, ma la sua impronta e' rimasta incisa nel nome. Stà di fatto che la "Matriciana" è una variante della cosiddetta "Gricia", ricetta degli antichi pastori romani (e non Amatriciani, visto che Amatrice ancora non esisteva...), fatta con guanciale e salsicce a pezzi.



La ricetta

Ingredienti per 4 persone, un peperoncino rosso piccante, 1/2 chilo di bucatini, 200 g di guanciale ( se non e' guanciale pare che non si possa chiamarla matriciana), 1/2 cipolla, 4 cucchiai di olio di oliva extravergine, 1/2 bicchiere di vino bianco secco, 6 o 7 pomodori maturi (San Marzano o pomodori pelati), 100 g di pecorino romano grattugiato(quello con la bucci nera), sale.

In un tegame mettere un po' d'olio di oliva e far scaldare bene, aggiungere la cipolla e far imbiondire insieme al peperoncino, quindi aggiungere il guanciale e non appena il guanciale comincia a rosolarsi spruzzate con mezzo bicchiere di vino bianco e fate evaporare, quindi unite i pomodori tagliati a cubetti e fate bollire girando di tanto in tanto, i sugo è pronto quando l'olio passa sopra al pomodoro, si dice che fà l'occhietto.
. Lessare la pasta e scolarla al dente. Metterla in una ciotola aggiungendo il pecorino grattugiato. Aggiungere la salsa ottenuta e mescolare. Guarnite con altro pecorino, se volete.

12 commenti:

  1. a Max non lo potevi scrive prima sto post?? Sapessi le volte che m'hanno corretto "matriciana" con la M!!!! :)

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  2. mi associo, io ner dubbio me le magno tutte e 2!

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  3. che nel dubbio è meglio mangiarsele entrambe...non c'è dubbio!!!!!
    la spiegazione è verosimile e interessante.... ma io "tifo" la versione Amatriciana, da buona Abruzzese! ;-)

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    1. Da buon abruzzese e non sai che questa pietanza è originariamente abruzzese

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  4. Anch'io nel dubbio..tutte e due!!!!!

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  5. Bona la matriciana!!
    Anche se ho sempre avuto il dubbio che fosse "la matriciana" piuttosto che "l'amatriciana"... mah? Comunque l'importante è mangiarsene un bel piatto in compagnia :-)

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  6. Bene ragazzi la matriciana come forma di aggregazione sociale tra noi ..mi piace!
    Max

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  7. Non mi posso esimere dall'assaggio.

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  8. Vorrei far notare due affermazioni errate nella descrizione:
    Gli antichi Romani non conservavano i pomodori... ne sono sicuro, essendo stati importati in Europa dopo la scoperta delle Americhe, la prima traccia documentata in Italia è del 1515 (e pure i riti matriarcali mi sa che...).
    Amatrice, in quanto centro abitato, esiste da quando esiste Roma, gli stessi romani probabilmente avevano scambi commerciali e definirono la zona Summa Villarum.
    Forse la storia è un'altra e meno epica...

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  9. LUNGO

    Parte prima


    Origine del toponimo “Amatrice” e “Matrice”

    a cura di Alberto Giorgio.


    Executive summary

    Si chiama Amatrice invece del corretto toponimo medievale “Matrice” (senza la “a” iniziale) per un banale errore di trascrizione da parte dello scrivano nei documenti medievali.

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    1) Excursus storico delle terre di Summata / Matrice

    All’epoca romana risalgono i resti di edifici e tombe rinvenute in diverse zone del territorio, noto per gli scrittori romani come Summa Villarum (Summata, diventata poi l’attuale Sommati). Summata era il termine con il quale si identificava per esteso tutta l’area attualmente occupata dal comune di Amatrice.

    Sì, Matrice, così si sarebbe chiamata l’agguerrita postazione strategica, dove i discendenti degli “Optimates Romani”, sfuggiti ai longobardi, trovarono rifugio, alla riva sinistra del fiume Tronto.

    Verso gli inizi del XIII secolo, il Ducato di Spoleto passò sotto il controllo della chiesa ascolana e, indirettamente, dello Stato Pontificio. Cessione confermata e ratificata da Alessandro IV l’8 settembre 1256.
    Con il tempo il nome “Summata” scompare sostituito da quello di “Matrice”.
    Nel 1252 Amatrice e Castel Trione si assicurarono la protezione di Ascoli da cui ricevettero la cittadinanza, che dovette durare presumibilmente fino al 1265, quando viene conquistata dal re Manfredi di Svevia.

    Con un balzo temporale di quasi 600 anni, nel quale Matrice acquisì l’attuale nome Amatrice, fino a prima dell’unità d’Italia, apparteneva allo Stato Pontificio posta proprio al confine con il Regno delle Due Sicilie. Con l’unità, fu inserita nell’Abruzzo Aquilano e, solo nel 1927, con la creazione della provincia di Rieti, la città entrò a far parte della Regione Lazio.


    2) Origine del toponimo

    Amatrice adombra semanticamente nel nome l’idea del grembo materno di città madre che sfama e difende i suoi figli (cfr. Floriana Svizzeretto)

    Da qui l’evoluzione del nome: MA= madre /TRU= suono dell’acqua che sgorga dall’acqua o dal foro/ MATRU= cavo della Madre / MATRI-CE= la cosa della madre / AMATRICE= (la patria dei matriciani) (cfr. Luigi de Martinis)

    Ma perché Matrice? E come è diventata poi Amatrice?
    Secondo altri studiosi, Matrice, nell’accezione del contesto religioso, è il termine che designa la “Chiesa Madre”, ovvero Chiesa Matrice, la sede principale di riferimento del culto cristiano-cattolico.
    Il toponimo Matrice deriverebbe dunque dall’essere stata sede principale della Chiesa nel territorio pontificio, pertanto detta “La Matrice”.
    Ivi erano conservati i documenti della Chiesa, i manoscritti Benedettini, tutte le carte dell’allora potere temporale della Chiesa.

    Non a caso Mussolini, decise, nel 1927, di “rubare” la cittadella (che allora non contava più di 700 abitanti) alla provincia de L’Aquila, annoverandola doverosamente al Lazio per coerenza clericale, e riconfigurò i confini politico di quella zona.

    Come si è trasformata in A-matrice? Un errore!
    Come spesso è accaduto con la trascrizione nei registri ufficiali, un semplice equivoco fonetico, non dissimile dall’iniziale equivoco marconiano sulla sua invenzione: “l’aradio”, presto rettificato e correttamente depositato all’ufficio brevetti d’epoca.

    Un errore non dissimile dalla denominazione della città Porto, spesso erroneamente trascritta in talune mappe come Oporto, con forte e legittimo disdegno dei portoghesi; i portoghesi nominano le città con l’articolo determinativo, quindi “il Porto” si pronuncia, in portoghese, “u Porto”, e si scrive “o Porto”. Da qui l’errata trascrizione.

    Quindi, secondo gli Amatriciani più anziani, in dialetto sabino (e anche nel romanesco di borgata) gli articoli “il” e “la” diventano “o” e “a”.
    Così nel linguaggio popolare, la “Città della Matrice” diventa “’a città d’a Matrice”, quindi, lo scrivano d’epoca, sotto dettatura, trascrive: “Amatrice”.

    segue

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  10. Parte seconda

    segue da parte prima


    3) La fonte medievale del Regesto di Farfa

    In una trascrizione del 1012 contenuta nel REGESTO dell’Abazia di FARFA redatto dal monaco Gregorio da Catino, di origine alto germanica, compare per la prima volta il nome “Matrice” (cfr. Floriana Svizzeretto).

    Il Monastero o Abbazia di Farfa (che prende il nome dal fiume adiacente) è un’importante abazia benedettina sorta sui ruderi di un antico Tempio Pagano a cui apparteneva in epoca altomedioevale il territorio di Amatrice e che conserva uno dei più importanti archivi storici del periodo.

    Gregorio da Catino (1062-1133) fu un monaco amanuense benedettino autore di preziosi codici dei quali rimangono: il Regesto di Farfa, il Chronicon, il Largitorio e il Floriger.

    Il “regesto” così come inteso nel Medioevo: è un registro in cui si ricopiavano in ordine cronologico documenti ed atti relativi a un'abbazia, un monastero, una cancelleria.

    Il Regesto di Farfa è composto da: Liber gemniagraphus, sive cleronomialis Ecclesiae Farfensis o Regestum Farfense.

    L’ opera è formata da due prologhi, una collezione di canoni, un elenco degli abati farfensi e dei pontefici, una serie di annotazioni annalistiche ed infine dalla raccolta documentaria; Gregorio non copia sistematicamente tutto l'archivio, ma fa una selezione trascrivendo, in ordine cronologico, 1.324 documenti inerenti alle donazioni, le vendite, i titoli ed i privilegi concessi da re e papi al monastero. I documenti vanno dalla fondazione del monastero ad opera di Tommaso di Morienna nell'VIII secolo (per la precisione il primo documento è una lettera del 705 del Duca Faroaldo II al papa Giovanni VII) fino al XII.
    Questa opera è di fondamentale importanza in quanto rappresenta una delle pochissime, se non l'unica, fonte scritta per la ricostruzione della storia politica, economica e sociale del Ducato di Spoleto.

    In foto allegata, la pagina di dedica del Regesto (degli inizi del XII secolo e conservato nella Biblioteca Vaticana) ornata da una miniatura che rappresenta lo stesso autore Gregorio da Catino mentre consegna il suo libro alla Vergine in trono con il Bambino tra due angeli benedicenti.


    4) Il terremoto di Matrice del 1639

    I terremoti del 1703 e del 1639 furono particolarmente distruttivi, quest’ultimo descritto in dettaglio nelle pagine della cronaca redatta nello stesso anno da Carlo Tiberi (“Nuova e vera relatione del terribile e spaventoso Terremoto successo nella città della Matrice e suo Stato con patimento ancora di Accumulo e luoghi circonvicini”).
    “Il terremoto”, egli scrive, “subissò, e disfece case, e palazzi, onde à pena vi si scorgono le vestigia della Matrice”.

    Quindi, anche se l’errata trascrizione nei registri medievali risale forse al XII secolo, ancora nella metà XVII secolo (1639) si usava ancora il toponimo corretto “Matrice”.


    5) Fonti e studiosi

    Floriana Svizzeretto, originaria di Narni, storica dell’arte e ricercatrice specializzata nel Rinascimento veneziano, ha diretto per dodici anni il Museo Civico Cola Filotesio di Amatrice, dal 2003 al 2014.
    E’ scomparsa durante il terremoto del 24 agosto del 2016.

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