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domenica 13 febbraio 2011

Er Carnevale de 'na vorta (der Sor Dario)


Un'elaborato der Sor Dario (storico della G.H.)-Er Carnevale de 'na vorta-.

In epoca rinascimentale, barocca, ma anche fino alla fine dell'Illuminismo, il Carnevale che si festeggiava a Roma non aveva nulla da invidiare da quello ben più celebre e rinomato di Venezia. Anzi, molti stranieri erano attratti dal Carnevale di Roma, basti pensare al celebre romanzo di Dumas "Il Conte di Montecristo", nel quale il giovane Alberto de Morcerf è catturato da dei finti briganti proprio nel bel mezzo nella Roma del Carnevale e liberato dallo stesso Conte.
Nel 1550, un turco che si trovava per caso di passaggio a Roma, scrisse ai suoi connazionali musulmani che, in occasione del Carnevale, i cristiani diventavano pazzi per diversi giorni, per poi recuperare il senno grazie ad una "polvere magica" che veniva cosparsa dai sacerdoti sulle loro teste (il giorno delle Sacre Ceneri).
Ovviamente, il viaggiatore musulmano non conosceva l'importanza delle cerimonie religiose cristiane, ma tanto basta per far capire quanto fossero divertenti e quale fosse la baldoria che si generasse tra le classi sociali romane di quei giorni spensierati, mentre il tedesco Goethe, nel 1788, benchè disturbato da tanto chiasso, diceva che valeva la pena di assistere al Carnevale romano almeno una volta.
Una prova?
A metà del '700, papa Benedetto XIV aveva emanato un'enciclica sull'argomento e sull'eccessiva sguaiataggine dei romani nel festeggiare il Carnevale, visto che, spesso, gli scherzi si prolungavano oltre la mezzanotte e molti si presentavano a Messa addirittura mascherati !
Ma andiamo per gradi.
Ad istituire i festeggiamenti per il Carnevale, era stato papa Paolo II nel '400, che aveva indicato la Via Lata (l'attuale via del Corso) come sede per i festeggiamenti , a scapito della zona di Testaccio, che prima si preferiva. Questo gesto avrebbe coinvolto, più di prima, le popolazioni di tutta la città, senza distinzione di classe facendole convergere al centro ed amalgamandole di più.
Nel 1634, il card. Barberini, in occasione della visita a Roma del principe polacco Alessandro Wasa, fece allestire a piazza navona un'imponente "Giostra del saracino", costruita con una scenografia barocca e stupefacente, che impressionò tutti. il principe partì presto, ma la Giostra rimase al suo posto nei giorni successivi : il Sabato Grasso, la nobiltà romana ed il popolo videro uno spettacolo ancora più grande di quello allestito per il nobile straniero, con ben 360 cavalieri, 138 cavalli, molte squadriglie, un nano ed un toro.
Ben più noto ed atteso era il "Palio", anzi i "Palii" che poco avevano a che vedere con quello celebre di Siena, ma che avevano come oggetto le corse umane e che raggiunse il massimo consenso in epoca rinascimentale. Il più atteso (oggi fa inorridire, ma bisogna ragionare con la mentalità grossolana dell'epoca) era il "Palio de li Judii": poiché a cristiani ed ebrei era proibito poter fare cose insieme, agli ebrei (i "Judii") era concessa, anzi obbligata, una corsa per otto persone. Ovviamente, scherzi e dispetti grossolani si riversavano su quegli improvvisati atleti ebrei che, oltrettutto, a volte furono fatti correre a stomaco pieno per rallentarne la corsa e venivano bersagliati dal lancio di oggetti di qualunque tipo. Le autorità di polizia proibirono il lancio di "fango", e i romani, quindi, ben pensaron di lanciare … altro ! Tuttavia, nel 1668, papa Clemente IX abolì questa corsa, ma obbligo la comunità a versare una somma per l'organizzazione dei festeggiamenti carnascialeschi.
Altre corse erano quelle degli "anziani nudi", che venivano però ricompensati di una somma in denaro, e a Via Giulia, una volta, fu organizzata la "Corsa dei Gobbi".
Queste corse, o meglio "palii", erano talmente popolari che erano spesso organizzate anche in modo straordinario in altri momenti dell'anno. celebre è rimasto il "Palio de li zoppi", organizzato a Trastevere nell'agosto 1633.
Tuttavia, l'evento principale restava in via Lata (che da questi eventi fu chiamata Via del Corso) , con la corsa dei cavalli barberi (arabi) la corsa iniziava da Piazza del Popolo per avere il suo arrivo a Piazza Venezia, mentre a Via del Vantaggio avevano il "vantaggio" i cavalli di tre anni e mentre la folla si accalcava ai lati delle strade per vedere lo spettacolo, mentra gendarmi e dragoni si affanavano per contenerli. Il vincitore, spesso sponsorizzato dai nobili o dai capo-rioni, vinceva una cospicua somma in denaro.
Numerosi furono gli incidenti causati dalle corse, tanto che nel 1820, il governo decise di abolire queste rocambolesche corse.
Spettacolare era la sfilata dei carri allegorici, allestiti dai Rioni, da nobili e dalle istituzioni, che videro la partecipazione anche di artisti di accademie: rispecchiavano inizialmente scene mitologiche o eventi politici, ma arrivarono anche a fare delle sane satire politiche verso personaggi in vista di quegli anni.Sui carri, mascherati, prendevano parte sia i nobili che i popolani che i borghesi ed è su questi carri che prendono forma le maschere romane, fino a quel momento chiuse nelle rappresentazione letterarie e teatrali: Cassandrino, Meo Patacca, Rugantino.
Alle donne era vietato mascherarsi, ma i gendarmi chiudevano sempre un occhio nel rispetto del diritto al festeggiamento, ma più severi si era se era una prostituta a mascherarsi. Era proibito lanciare oggetti, ma era consueto essere colpiti da arance, mele, rape e uova marce, soprattutto nei confronti delle maschere sui carri. Nel 1692, un Pulcinella fu arrestato poichè colpiva gli altri con un salame e quando il Governatore di Roma giunse a proibire la vendita di quello che poteva essere lanciato, arrivando a sequestri e confische, i romani si adattarono a lanciare i confetti di gesso, pesanti antenati dei coriandoli !
In epoca barocca, inoltre, si usavano per spettacolo anche le condanne a morte dei prigionieri illustri.
Sontuose erano le feste indette dai nobili nelle loro proprietà e nei teatri pubblici, con feste da ballo e banchetti.
Un altro aspetto popolare era quello della "Festa dei moccoletti", che concludeva il Martedì Grasso: le finestre delle case si riempivano di luci, tutta la cità cambiava aspetto, e la folla si riuniva in piazza ed il divertimento consisteva nello spegnere il "moccolo" a chi gli era accanto.
La cerimonia religiosa più importante era quella delle Quarantotto ore", organizzata in alcune e chiese e la cui principale si svolgeva alla Chisa del Gesù.
Ma era sempre il Carnevale "profano" afd avere la meglio sulle intenzioni del popolo e in molte occasioni, per calamità naturali o Giubileo, venivano vietati i festeggiamenti.
Ma ci fu chi, con uno scherzo degno del Marchese del Grillo, riuscì a beffare tutta Roma, obbligando il Papa stesso ad intervenire…
Nella notte tra il 3 ed il 4 febbraio 1703, anno seguente all'Anno Santo, qualcuno fece girare la voce che al papa era apparsa la Madonna che annunciava un terremoto imminente… l'agitazione prese tutto il popolo: nobili, cardinali, artigiani e plede si riversarono nelle strade, spesso con indosso solamente le coperte; nelle carceri, i galeotti imploravano di essere fatti uscire dalle celle; solo dopo diverse ore e grazie all'intervento del Pontefice, i romani si acquietarono e tornarono a dormire.
Nel frattempo, una tale turbativa dell'ordine pubblico doveva essere punita !
Non potendo capire chi fosse stato quel briccone che avesse per primo fatto correre tale voce e non potendo far fare una figuraccia alla polizia, la colpa fu data al "diavolo" che, non potendo essere imprigionato, fu lasciato stare e la credibilità delle autorità fu salva !
Purtroppo, la festa che tutti i romani si attendevano per tutto l'anno, andò scemando con il tempo; per primi ci pensarono i francesi, allorchè occuparono Roma verso la fine del '700; tornato il Papa, un editto del 1837, con la scusa dell'epidemia di colera, vietava l'uso delle maschere.
E credete che i romani se lo dimenticavano? In epoca Unitaria, nel 1876, girava per Roma una pasquinata che qualcuno ebbe la buona idea di pubblicare a mezzo stampa:
"Di Roma il Carneval qui morto giace;
Dorma egli alfine
e Roma lasci in pace".
Eppure, ancora oggi Via del Corso richiama maschere e mascherine da tutta Roma, nonostante l'immigrazione nazionale e internazionale; simbolo che se la gente non vuole ricordare il Natale degli antenati dei Romani, è la stessa Roma che, con autorevolezza, glielo ricorda.
Bibliografia: "Feste romane" di Paola Staccioli e "Storie della città di Roma" di Claudio Rendina".


4 commenti:

  1. Che bello sarebbe fare un salto indietro nel tempo e partecipare ad un antico carnevale romano!!

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  2. Ma di preciso dove siete? Perché vorrei venire a fare un salto da voi!............ anche stasera!

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  3. Ivy :hai ragione sarebbe proprio bello!!!
    Occhi di Note: siamo a Roma , come te, e le fraschette le facciamo dove c'è un bell'ambiente che ci ispira ,in media ci riuniamo una volta ogni mese e mezzo....Ciao e grazie

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  4. Il carnevale a Roma può essre non solo divertente per i romani ma se ben propagandato come a Rio od a Venezia può diventare un buon business
    turistico nel momento di bassa stagione.
    Manu
    www.angeltoursrome.net

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